Lo scorso 13 febbraio è stata la Giornata Mondiale della Radio e volevamo dedicare due righe a questo mezzo di comunicazione molto importante nella vita delle persone. In molti la sentono in auto, a casa o al lavoro e conoscono nuove canzoni grazie ad essa, o la sfruttano per divertirsi, per informarsi sull’attualità e per scoprire cose nuove. La sua musica e le voci dei suoi speaker accompagnano da decenni le vicissitudini dei singoli individui e spesso anche di società intere, descrivendole e creando ricordi significativi sia nei momenti più belli che in quelli più difficili. Perciò, ecco un piccolo riassunto della storia della radio italiana, dagli inizi ad oggi.
Innanzitutto è bene sapere che, a livello tecnico, tutto ciò che si sente tramite l’apparecchio radiofonico viene trasmesso a quest’ultimo tramite onde elettromagnetiche le quali, a loro volta, sono il risultato di informazioni provenienti da microfoni o altri macchinari appositi e delle trasformazioni che subiscono per poter essere recepite. Il primo a tentare questo percorso fu il ventunenne Guglielmo Marconi nel 1895, quando inviò un codice Morse ad alcuni km di distanza tramite il telegrafo senza fili, inventato da lui stesso. Ancora meglio gli andò nel 1901, poiché in quell’anno riuscì a trasmettere per la prima volta un segnale radiotelegrafico ad una distanza transoceanica, per la precisione dal Regno Unito al Canada. Le basi per la nascita della radio vera e propria, però, arrivano ad inizio Novecento, quando Reginald Fessenden inviò con successo suoni sordi, musica e parole per mezzo delle sopraccitate frequenze audio.
Inizialmente gli apparecchi radio venivano utilizzati esclusivamente per scopi militari, finché nel 1924 avvenne la prima trasmissione radiofonica in Italia destinata ad un pubblico generalista .Ciò accadde grazie alla nascita, pochi mesi prima, dell’URI (Unione Radiofonica Italiana), unica stazione dell’epoca, prima con sede a Roma e poi anche in altre zone d’Italia. Nel 1928 l’URI diventa EIAR (Ente Italiano per le Audizioni) e venne sfruttato per fini di propaganda fascista, facendo assumere inoltre al mezzo radiofonico lo scopo attuale di intrattenimento e di informazione. Durante la Seconda Guerra Mondiale, tuttavia, si diffuse anche l’ascolto di stazioni clandestine e filo alleate, soprattutto dopo il 1943. Nel 1944 l’EIAR cambiò ancora nome e divenne l’odierna RAI (Radio Audizioni Italia), che tenne per decenni il monopolio sulle frequenze radiofoniche. I programmi del dopoguerra erano leggeri ed improntati sul varietà, mentre negli anni Sessanta trasmissioni di successo come Alto Gradimento attirarono un pubblico giovanile. La svolta avvenne nel 1975, quando la riforma della RAI, seguita l’anno successivo da una sentenza della corte costituzionale, sancì la liberalizzazione dell’etere, permettendo la nascita di numerosissime stazioni private tra gli anni Settanta ed i primi anni Ottanta, alcune delle quali ancora molto note a livello nazionale.
Attualmente le emittenti radio possono comunicare con i propri ascoltatori anche tramite altri media, come per esempio la televisione, i social ed Internet, tanto che esistono perfino delle stazioni ascoltabili esclusivamente sulla Rete, le cosiddette web radio.
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